Quattro scienziate che hanno cambiato il mondo, fatto la storia della fisica moderna eppure semi-sconosciute, com’è possibile? Uno spettacolo ci racconta di come talvolta non basta eccellere, talvolta bisogna farsi distinguere.


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(…) La quarta scienziata è l’italiana Milla Baldo Cedolin, prima donna ad insegnare all’Università di Padova da cui si laureò dopo la Seconda Guerra Mondiale nel 1952; la sua storia è uno spaccato dell’Italia di quegli anni, dominata da figure maschili e occasionalmente da qualche ricercatrice come Laura Capon Fermi e Ginestra Giovene Amaldi (rispettivamente mogli di Enrico Fermi e Edoardo Amaldi) che nel 1936 pubblicarono un saggio: “Alchimia del tempo nostro” dove, nella prefazione, le due ricercatrici ironizzino sul fatto di essere “solo le mogli dei rinomati fisici”.

Spinta da un interesse verso il saggio, Milla studiò per diventare astrofisica e subito inizia ad interessarsi alla forza nucleare debole, scoprendo quelli che sono i mesoni k e stupendo per la sua conoscenza nel campo fisici esperti del tempo; inoltre divenne ricercatrice al CERN a Ginevra e più tardi anche ai Laboratori del Gran Sasso.

Una volta finito lo spettacolo, il palco dell’Auditorium si è trasformato in poco tempo in una specie di conferenza con esperti, tra cui docenti dell’INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), ricercatrici ed ex dirigenti; loro proponevano a noi liceali delle slide contenenti delle affermazioni sulle donne e il rapporto con le materie STEM riguardanti, per esempio,  le “quote rosa” o il classico stereotipo delle “cose da uomini” e “cose da donna”. Ognuno di noi aveva due foglietti: verde se eravamo d’accordo e giallo se eravamo contrari.

I temi trattati spaziavano dal “gender gap” al perché si cerchi di incentivare la presenza femminile nelle scienze; le premesse per un dibattito ordinato tra gli esperti e noi liceali o tra noi liceali stessi c’erano ma presto il tutto è quasi diventato una sorta di tifoseria da stadio a due blocchi contrapposti: da un lato le ragazze, sostenitrici dell’abbattimento di ogni stereotipo o gap tra i due sessi; dall’altro i ragazzi, agitatori di frequenti cori da stadio contrapponendo esperienze personali poco argomentate e spesso senza un fine. Gli esperti sul palco a volte facevano fatica a prendere parola per via del fatto che non si aspettavano una così ampia partecipazione, tra cui figurano anche tre nostre liceali.

Verso le 13 siamo rientrati in direzione Carbonia ma il dibattito è continuato ancora per qualche tempo; in conclusione è stato più che istruttivo sia per la storia raccontata sia per la discussione. Unica pecca di quest’ultima è non aver visto nessun maschio “femminista” ovvero che concordasse con la parte femminile e non solo quella maschile, segno che forse c’è ancora molta strada da fare prima di abbattere quel “gap” all’interno della nostra società.

A cura di Francesco Contu


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