Dall’inizio del 2023 ad oggi il numero di femminicidi in Italia supera la cifra dei 100 e il numero potrebbe spaventosamente aumentare.
Per femminicidio ci si riferisce all’assassinio di una donna da parte di un partner intimo o un familiare. È importante sottolineare che il femminicidio non è solo un fenomeno brutale, ma il manifesto di una cultura che disprezza, deride, sottomette e vìola le donne; una cosiddetta “cultura del patriarcato”.
Le cause del femminicidio sono complesse e radicate in una serie di fattori diversi ma interconnessi: la disuguaglianza di genere, la discriminazione, l’oppressione culturale e la persistenza di stereotipi di genere nocivi contribuiscono a creare un ambiente in cui la violenza contro le donne può prosperare.
Il femminicidio non riguarda solo le vittime dirette, ma anche la società nel suo complesso, con un impatto devastante; le conseguenze si estendono alle famiglie, ai figli e alle comunità che subiscono una perdita irreparabile, ma anche alle donne che vivono con la paura costante di diventare vittime di violenza, limitando la loro libertà e la loro possibilità di partecipare pienamente alla società.
La data del primo femminicidio in Italia di quest’anno risale al 4 Gennaio 2023: Giulia Donato la vittima 23enne, uccisa dal compagno Andrea Incorvaia, 32 anni. Questo il primo dei tanti altri femminicidi accaduti Italia fino ad oggi, uno ogni tre giorni. L’ultimo, forse quello che più ha suscitato l’attenzione della società, riguarda Giulia Cecchettin, 22enne della cui morte è accusato l’ex compagno Filippo Turetta. Tanti sono stati i giorni di speranza della famiglia della ragazza, che ha cercato di pensare per il meglio, ma alla fine “un bravo ragazzo, a volte un po’ possessivo” (queste le parole dei famigliari) si sarebbe scagliato su di lei, uccidendola.
Le solite parole che difendono l’indifendibile, l’ultimo caso di un’educazione superficiale e ricevuta male, di idee sessiste fatte proprie. Bravi ragazzi, incapaci di alzare le mani contro le donne, ma capaci di sedersi a tavola al loro fianco e poi farle fuori, eliminando o, per meglio dire, provando ad eliminare ogni loro traccia.
Un’altra vita strappata, quella di Giulia Cecchettin, che tra meno di due mesi sarà solo un numero in una lista piena di nomi, piena di storie diventate, o sempre state, nient’altro che casi di femminicidio in Italia. Ma è davvero necessario dover stilare una lista di donne uccise per attivare una campanella nella nostra testa e farci capire che sotto sotto non è tutto a posto nella società in cui viviamo? Oppure si può fare qualcos’altro?
A cura di Sabrina El-Assad
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