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Robot e insetti: una simbiosi perfetta?
Al giorno d’oggi i robot vengono utilizzati in una miriade di applicazioni: dalla saldatura dell’acciaio alla rilevazione di imprecisioni nei componenti elettronici; se per muovere i bracci meccanici l’uomo ha cercato di imitare la natura, perché non utilizzarla per creare i movimenti?
La natura è straordinaria e su questo in pochi sono in disaccordo: dai meccanismi vitali efficientissimi come la fotosintesi ad adattamenti evolutivi costanti e improntati ad una perfetta coesione tra tutti gli esseri viventi, essa costituisce un enorme bagaglio di idee e informazioni che da sempre ci siamo serviti per risolvere i nostri problemi.
Ma da qualche anno a questa parte le dinamiche nel campo della scienza stanno cambiando: invece di copiare la natura, gli scienziati la stanno integrando con la robotica in compiti e casi specifici. Questi campi di ricerca vengono detti biorobotica e biomimetica.
La biorobotica si occupa, come suggerisce il nome, di utilizzare parti di insetti morti o insetti vivi per compiere dei compiti ben specifici che nessun’altra specie è in grado di fare, ad esempio già oggi blatte con videocamere integrate sono usate dopo i terremoti per stabilire i danni e trovare persone o altri animali intrappolati nelle macerie.
Forse però la vera rivoluzione di questa branca è la sperimentazione di arti robotici animali, cioè sfruttare particolari sistemi vitali degli insetti per afferrare e muovere oggetti minuscoli; per esempio è noto da qualche tempo come le zampe dei ragni non si muovano grazie a muscoli come nell’uomo, ma grazie a “circuiti idraulici” in miniatura, che utilizzano il sangue stesso per funzionare (questo è anche il motivo per cui se schiacciamo un ragno si racchiude in se stesso, perché perde tutto il sangue).
Ciò permette di creare dei bracci con circuiti più semplici, efficienti ed economici, dato che verrebbero impiegati meno cablaggi; recentemente degli scienziati giapponesi sono andati oltre e hanno impiegato degli insetti vivi (per la precisione dei trilobiti terrestri, quegli insetti neri che se toccati si racchiudono) attraverso il contatto a comando per prendere dei batuffoli di cotone.
Gli scienziati hanno sottolineato come ci sia stata una particolare cura nel non trattare in modo dannoso nessuna parte del trilobiti e che, subito dopo i test, sono stati rilasciati in natura; a detta loro è un passo in avanti nell’integrazione tra robot e natura, un po’ come per anni abbiamo utilizzato gli husky per trainare le slitte.
Chissà, magari tra qualche anno vedremo in commercio robot con arti di vario tipo.
A cura di Francesco Contu
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