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Anno all’estero nello Utah: intervista a Gaia Biggio
Per questa settimana, nonché ultima di giugno, la rubrica Fuori-Classe ha avuto l’opportunità di intervistare Gaia Biggio, alunna della 4B LS della nostra scuola. Gaia ha avuto la fortuna di fare l’anno all’estero nell’anno 2021/22 negli Stati Uniti ed ha voluto raccontare la sua esperienza.
-Perché hai deciso di fare questa esperienza?
G.B.: “Ho sempre voluto fare questa esperienza. Da quando ho 7 anni che vedevo le pubblicità dell’anno all’estero, sentivo anche le figlie delle colleghe di mia mamma che avevano già fatto questa esperienza e mi consigliavano di farla. Nel 2021, dopo aver vinto una borsa di studio, ho colto la palla al balzo e ne ho approfittato. Mia mamma era molto entusiasta, mio padre pure, anche se un po’ spaventato dal non vedermi per un anno“.
-Dove si è tenuto l’anno all’estero?
G.B.: “Negli Stati Uniti, nello Utah, più precisamente ad Alpine, uno stato centrale vicino al Colorado e sopra il Nevada, che offre dei bellissimi paesaggi che non ero abituata a vedere dal momento che provengo da un paese marittimo. Il paesaggio che i miei occhi erano abituati a vedere è stato sostituito da grandi montagne, fitti boschi e vasti laghi, anche se per il mio compleanno e per le vacanze di Pasqua (Spring break) ho avuto la possibilità di andare in Texas e in California e nuotare nell’Oceano. Per via delle montagne, durante la mia esperienza ho avuto la fortuna di vedere spesso la neve e di conseguenza la maggior parte delle attività invernali le ho trascorse facendo trekking e provare lo slittino nel Canyon di American Fork, vicino a casa mia, dove il lago presente ghiacciando dà spazio a un’immensa pista da pattinaggio“.
-Che differenze ci sono tra una scuola italiana e una americana?
G.B.: “Nonostante la mia famiglia ospitante vivesse ad Alpine, io andavo a scuola a Highland, relativamente vicino a dove abitavo. La mia scuola si chiama Lone Peak High School e ospita circa 3000 studenti, di cui 10 exchange students.
Ovviamente la scuola è molto diversa, ma dopo un po’ ci si abitua, ma prima di tutto bisogna sfatare alcuni miti: gli armadietti non si usano, per il semplice fatto che quasi tutti usano un computer e poi hanno una macchina dove poter lasciare le proprie cose. Essendo una scuola molto grande, il primo giorno mi è stata consegnata una cartina che spiegava tutti e 9 gli anditi con le rispettive classi.
Il primo giorno che sono arrivata a scuola, con la mia mamma ospitante, siamo andate nell’ufficio del consigliere per scegliere le materie che avrei studiato. Solitamente per gli americani ci sono delle materie obbligatorie, per poi concludere la scuola, dal momento che io ho fatto un solo anno ho potuto scegliere le materie che più mi piacessero, ovvero matematica, chimica, inglese, banda, dove suonavo il flauto traverso, coro, anatomia, sport, dove nel primo quadrimestre ho fatto nuoto e nel secondo ho praticato lacrosse, molto simile al calcio, e infine ho aiutato il professore di italiano nella classe di italiano che la mia scuola offriva.
Una differenza sostanziale è che ogni lezione dura 82 minuti, si entra alle 7:45 e si esce alle 14:15, la pausa pranzo dura dalle 12:03 alle 12:45 e la mensa non era delle migliori, ma avevamo la possibilità di tornare a casa per mangiare e io di solito facevo così“.
-Come ti sei trovata con i tuoi compagni? Sei tutt’ora in contatto con alcuni di loro?
G.B.: “All’inizio è stato abbastanza difficile per il fatto che non avessi molta padronanza nella lingua, successivamente piano piano incominciavo a impararla molto di più e di conseguenza riuscivo a comunicare meglio e fare amicizia, anche se ho trovato delle difficoltà dovute alla necessità di cambiare classe ogni ora, di conseguenza vedendo delle persone per 82 minuti non si riesce a instaurare un vero e proprio rapporto. Per quanto riguarda le amicizie io avevo e ho tutt’ora il mio gruppo di amiche, con cui mi sento spesso“.
-Consiglieresti questa esperienza ai ragazzi?
G.B.: “Sì, consiglierei questa esperienza, soprattutto a persone come me curiose e interessate a fare nuove esperienze. Uscire dalla comfort zone e a coloro che amano fare amicizia. In realtà consiglio questa esperienza anche a persone più introverse, perché si ha la possibilità di crescere maturare e magari riuscire a migliorare l’aspetto della timidezza“.
A cura di Chiara Contu
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