Le Muse erano custodi della cultura e delle arti, perciò danno il nome a questa rubrica, che potrete leggere ogni martedì. All’interno forniremo consigli e approfondimenti attorno a temi di letteratura, cinema e musica.


Viaggio con Murubutu nell’inferno dantesco

La musica e la letteratura da sempre sono mondi paralleli, che spesso si incrociano, si scambiano e si combinano. Sono due mondi tanto diversi quanto simili, che nel 2020 Murubutu e Claver Gold hanno cercato di far incontrare nell’album “Infernum”, ispirato all’omonima cantica della Commedia di Dante. 

Alessio Mariani, in arte Murubutu, insegnante di storia e filosofia nei licei, nel 2000 comincia a produrre con lo scopo di unire quelli che sono argomenti scolastici e la musica rap, cercando di fare di quest’ultima un mezzo per trasmettere contenuti culturali. È in questo modo che nasce il rap-didattico, che il cantante porterà avanti nella sua produzione venendo anche premiato. Nasce così vent’anni dopo la collaborazione con Daycol Orsini, Claver Gold, che comincia a produrre contemporaneamente nel 2000; rapper fortemente introspettivo, nella sua musica lavora su di sé secondo un aspetto lirico. 

Dall’unione dei due, che si configurano come i due cantanti più vicini alla letteratura al giorno d’oggi, prende forma nel marzo 2020 “Infernum”, album che ripercorre i passi di Dante e Virgilio nella terra dei dannati. L’album è composto da 14 tracce (comprendenti un remix), nelle quali Murubutu e Claver Gold si spartiscono equamente le strofe, trovando in un sorprendente accordo il modo di raccontare personaggi dell’Inferno attraverso la citazione dei versi del Poeta, senza mai annoiare l’ascoltatore, trascinandolo dentro le vicende come se le vivesse in prima persona.

L’album inizia con l’intro Selva Oscura, brano dal ritmo incalzante che preannuncia l’arrivo di Caronte nel Canto III, come a suggerire che, esattamente come Dante e Virgilio, anche l’ascoltatore sta per essere traghettato oltre l’Acheronte, per vivere il doloroso viaggio. Incombe poi quella che è la celebre terzina di Dante, che riassume il suo pensiero, contenuta nel canto XXVI “Considerate la vostra semenza: / fatti non foste a viver come bruti / ma per seguir virtute e canoscenza“.

Segue la traccia Antinferno, rappresentativa dell’ingresso all’Inferno che illustra con numerose prolessi quelli che saranno gli incontri del viaggio. Particolare attenzione va dedicata alla rielaborazione del canto III, con la descrizione delle anime dei dannati come “anime nude senza nome, senza infamia e senza lode, senza vita e senza morte” in riferimento agli ignavi e alla riapertura della questione del personaggio citato dal Poeta nel v. 60, dove Dante scrisse “Che fece per viltade il grande rifiuto”, con la frase “Vedi tu di chi fu il gran rifiuto e scegli: Celestino, Esaù, Giano o Ponzio Pilato?

Arriva poi il momento di Caronte con il racconto del passaggio insieme al nocchiero. È un racconto di disperazione e di sofferenza, descritto nel minimi dettagli, fino al momento del pagamento del pegno, del “peso della dannazione” al “demone guida” che “viene, con occhi di fuoco, al suo lavoro”. Giunge poi Minosse, bestia posta all’ingresso del II cerchio per ascoltare i peccati delle anime. “Ma qua giù il vento è lussuria, Minosse si infuria letame ed ingiuria ora scendi più giù”.

Segue Paolo e Francesca, canzone dedicata ai celeberrimi amanti protagonisti del canto V. I cantanti ci raccontano dapprima l’incontro dei due, poi le forti emozioni che essi provarono, “il cuore incendio intenso, il tempo che sta fermo al centro” e infine quella che fu la loro condanna “rei di peccato tremendo, adulterio” ma nonostante tutto, l’assente rimorso per le azioni commesse. Dopo il riferimento alla pena per contrabbasso con “voleremo tra i dannati”, Murubutu canta quella che è l’espressione più emblematica del brano, “io muoio di te”, mentre Claver Gold canta poi “Amor ch’a nullo amato amar perdona”. 

Abbiamo poi il toccante brano Pier, che utilizza il noto Pier delle Vigne, funzionario della corte di Federico II e poeta della scuola siciliana, come espediente per raccontare il suicidio di un ragazzo vittima di bullismo, che “non c’è più, c’è un albero di vite” come il dannato nel VII cerchio.

Malebranche, a seguito racconta gli omonimi diavoli “armati di rabbia ed uncini” posti a guardia della quinta bolgia dell’VIII cerchio, quella dei fraudolenti, che “sono costretti a nuotare dentro ad un mare di pece bollente”. 

Fraudolento, arriva poi con la sua barca a raccontare ancora una volta il suo viaggio Ulisse in un brano dedicato al suo ritorno rimandato per dieci lunghissimi anni, per “la forza che mi sposta è soprattutto hybris”. Dopo aver raccontato le peripezie dell’eroe il brano si conclude con la frase che più si addice al personaggio: “tutto quel che vedi a me non basta mai”. 

Direttamente dall’Eunuco di Terenzio, arriva Taide, collocata da Dante negli adulatori in quanto meretrice. Gli autori dell’album ci ripropongono una versione attualizzata del personaggio che “dove al cuor non si comanda, non sa più amare”. 

Il più bello degli angeli, principe delle tenebre diventato mostruoso, Lucifero è presentato come un personaggio sofferente, che continua a divorare in eterno Giuda, Cassio e Bruto, traditori per eccellenza, mentre, sbattendo le ali, fa gelare le acque del Cocito. Viene raccontato il momento in cui l’angelo venne scaraventato al centro della Terra, citando Luca e Isaia. Il brano è l’unico di cui è presente un remix all’interno del disco.

Dante torna alla vita con l’outro Chiaro Mondo, dopo che nel brano precedente è “uscito a riveder le stelle”. Viene ricordato l’incontro con Cerbero, creatura mostruosa che secondo la mitologia sorvegliava l’Ade perché nessuno dei morti ne potesse uscire, alla quale Virgilio, analogamente all’Eneide, nella Commedia dà in pasto un mucchio di terra per superare. Si torna indietro con I Giganti, creature mitologiche poste a sorvegliare il cerchio dei traditori, tra “il verbo disperso e tremendo di Nembrot” e la “rabbia arrogante di Efialte”. Dulcis in fundo, l’ultima canzone è una dedica alla donna angelo che ispirò tutta la poetica di Dante, Beatrice, “segno divino, carminio dentro al cuor”. Passando dalla descrizione del primo incontro, allo stilnovo, alla richiesta di aiuto a Virgilio, al ricordo oltre la morte, l’album si conclude con il ritornello: “L’avrebbe avuta vicina ora dentro ogni rima, ogni riga, ogni climax. E lei sarebbe stata la guida, una guida a ogni sfida, una vibra in terzina dentro il cuor: le avrebbe dato la vita, la vita infinita”.

A cura di Chiara Pillicu


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