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Quando il cervello non risponde
Ha un’incidenza bassissima ma che non lascia scampo, è senza cura ma viene studiata da un secolo e recentemente ci sono stati alcuni casi, soprattutto in Europa: è il CJD o Morbo di Creutzfeldt-Jakob.
Il CJD, in inglese Creutzfeldt-Jakob Disease, è una malattia neurodegenerativa molto rara e mortale, scoperta da due medici a cavallo del biennio 1920-21 di cui però si sa quasi niente anche per la medicina odierna, data la sua natura ignota circa il perché si formi; fa parte delle encefalopatie spongiformi, nome datogli per via della forma dei tessuti cerebrali nei pazienti affetti, ed è causata da delle proteine degenerate chiamate prioni (crasi di “proteine” e “infezioni”).
Per rinfrescare la memoria, le proteine non sono altro che lunghe sequenze di amminoacidi sintetizzati nel nostro corpo che svolgono varie funzioni: dal trasporto di ossigeno grazie all’emoglobina all’accrescimento dell’intero corpo tramite la massa muscolare. Come ogni sequenza sintetizzata dall’organismo, essa può andare incontro a mutazioni di vario tipo.
Di per sé, non sono troppo dannose per l’uomo, dato che possediamo vari meccanismi di controllo e riparazione delle catene amminoacidiche; in questo caso, però, questo complesso ed efficiente sistema viene meno e, non riconoscendo la proteina maligna, non viene intaccata ed è libera di proliferare.
E lo fanno ad un ritmo sorprendente: una volta che un singolo prione è presente nel cervello s’innesca una catena di reazioni interminabile, cominciando dal mutare altre proteine “sane” in prioni per poi raggrupparsi nei nervi impedendo così il passaggio degli impulsi nervosi, causando nei pazienti sintomi che vanno dalla difficoltà di coordinare le parole al collasso di organi vitali e conseguente morte.
Sebbene il CJD sia una malattia frutto di mutazioni casuali (l’85% dei casi è così), esistono casi in cui la mutazione sia scritta nel DNA di una persona e divenire o sintomatica o asintomatica; c’è una terza via per cui si può soffrire di tale morbo: mangiando carne infetta, in particolare quella bovina. Ad esempio il morbo della mucca pazza non è altro che la variante animale trasmissibile nell’uomo e fino a qualche anno fa venivano registrati alcuni casi, specie nel Regno Unito, dovuti proprio a questa correlazione.
Ad oggi è molto difficile anche solo riconoscere la malattia, poiché i sintomi molto spesso sono scambiati con quelli dell’Alzheimer e, nonostante esista da quasi 30 anni uno screening, spesso viene trattata troppo tardi; infatti le aspettative di vita sono qualche settimana o al massimo pochissimi mesi.
Ostacolo ancor più grande è curarla, dato che ad oggi non vi sono cure definitive e mancano le tecnologie necessarie per “riparare” i prioni; tuttavia non c’è da disperarsi sulla totale natura maligna dei prioni; difatti è stato osservato come nel lievito i prioni agiscano in modo rafforzativo e consentano di sopravvivere in ambienti più tosti.
In conclusione, sebbene l’incidenza sia solo di 1 caso su 1.000.000, la strada per prevenire e curare il CJD è ancora lunga ma, grazie all’uso delle IA (intelligenze artificiali) in campo medico, si potrebbe venire ad una soluzione molto più in fretta del passato.
A cura di Francesco Contu
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