La rubrica dedicata ai campioni del Gramsci-Amaldi.

Pace, crescita e conflitto… un anno internazionale in Italia! Intervista a Giulia Loni

Quasi tutti gli studenti, dopo la pandemia del COVID-19, hanno perso la motivazione nel compiere le loro abitudini e la scuola non sembrava soddisfare le loro aspettative. Giulia Loni, alunna della 5A Liceo Classico, ha sfruttato queste energie negative a suo vantaggio per conoscere nuove persone e creare un qualcosa di concreto per se stessa, ma anche per il posto in cui vive, l’Italia. Così ha deciso di partecipare a un anno assai particolare, ed ecco che la rubrica Fuori-classe ha dato la possibilità alla nostra studentessa di raccontare la sua esperienza attraverso un’intervista.

-Perché hai deciso di fare questa esperienza?
G: “Avevo tanta energia ma non sapevo dove incanalare tutta questa voglia di mettermi in gioco. L’esperienza che ho fatto è stata più di un anno fuori: mi sono stati dati degli strumenti oltre che per essere più indipendente e sicura di me stessa, anche per migliorare (e quindi apprezzare) il luogo in cui vivo. È stata un’occasione unica di crescita e consapevolezza”.

-Dove si è tenuto l’anno all’estero?
G: “Il progetto a cui ho preso parte, quarto anno d’eccellenza Rondine, si configura in maniera un po’ diversa rispetto all’anno all’estero. Prima di tutto mi trovavo in Italia, ad Arezzo, insieme ad altri 25 ragazzi e ragazze da tutta Italia provenienti da tutti gli indirizzi liceali. Abitavamo di fatto ad Arezzo, al convitto nazionale Vittorio Emanuele II, e le lezioni si svolgevano invece proprio nel borgo di Rondine, detto cittadella della pace, a qualche chilometro di distanza; Rondine è immersa nella riserva di Penna e Ponte Buriano”.

-Cosa si fa a Rondine esattamente?
G: “Tante cose. Il borgo era rimasto abbandonato fino a quando un gruppo di giovani, fra cui Franco Vaccari, oggi presidente dell’associazione, decisero di svolgere attività di volontariato in favore delle persone povere e disabili. Con lo scoppio della guerra fra Russia e Cecenia nel 1995, i giovani che stavano facendo rinascere il borgo volevano sperimentare un’azione concreta di diplomazia popolare: si proporranno come mediatori di pace; nonostante il fallimento del cessate il fuoco Rondine mantiene con entrambe le parti un dialogo di fiducia. Nel 1998 Rondine si proporrà di accogliere studenti, sia russi che ceceni, che a causa del conflitto non potevano continuare gli studi a patto, però, di convivere con il proprio “nemico”. Da questa prima esperienza nasce la World House, che da allora ospita ogni anno, giovani studenti provenienti da paesi che sono in conflitto fra loro o hanno affrontato guerre civili (Medio Oriente, Caucaso, Balcani, America Latina). Da settembre 2022 sono a Rondine anche delle studentesse provenienti da Russia e Ucraina. I ragazzi della World House, oltre a sperimentare la convivenza, con lezioni e formazioni, acquisiscono strumenti e competenze per poter realizzare, nei loro paesi di origine progetti per l’innovazione sociale, ambientale e sostenibile: in pratica per poter fare dei piccoli passi verso la ricostruzione della pace e della giustizia sociale in luoghi fortemente colpiti dalla guerra. Dall’esperienza del “metodo rondine” sperimentato con la World House nasce il Quarto Anno d’eccellenza, promosso dal Ministero dell’istruzione come innovazione didattica”.

-Quindi che cosa cambia da una scuola normale?
G: “Sicuramente la classe: veniamo tutti da licei diversi, oltre che da regioni diverse (ci sono più differenze di quanto si possa credere, nel bene e nel male); per le materie in comune come Italiano, Inglese, filosofia eccetera facevamo lezione insieme, per quelle di indirizzo come greco, matematica e
fisica ci dividevamo; noi del classico eravamo nove.
Anche il rapporto fra professori e studenti è un po’ diverso: c’è molto spazio per coltivare la relazione e fare emergere le proprie attitudini, interessi e creatività tramite lo studio e la materia. Facevamo molti lavori di gruppo e presentazioni. Posso dire che non c’erano limiti: organizzavamo dibattiti o attività per coinvolgere tutti; avevamo molto spazio per la condivisione. Un’altra differenza fondamentale è la presenza di un tutor: non è un professore, ma prende parte ai consigli di classe. Prima di tutto ascolta (la classe intera o singoli): una cosa che gli adulti non tendono a fare moltissimo quando si tratta di studenti e adolescenti. Non dà consigli, non giudica, ma fa un po’ da specchio: aiuta a sciogliere quei nodi nelle cose di tutti i giorni, nel contesto personale o di classe. In parole complicate è un facilitatore relazionale.
Penso che una delle differenze più grandi sia il rapporto e la concezione di “eccellenza” scolastica: siamo abituati a sentirla quando si parla di voti che non scendono sotto al nove e prestazioni altissime. L’eccellenza a Rondine è qualcosa che va al di là della performance e del quanto ci si mostra bravi: riguarda le potenzialità, la consapevolezza, la capacità di stare con gli altri e con se stessi e di affrontare i conflitti, senza lasciare fuori ovviamente lo studio, ma integrandolo in un ambiente che si possa dire veramente educativo e di crescita.
Oltre alle lezioni mattutine facevamo anche dei laboratori e delle formazioni il pomeriggio. Nella prima parte dell’anno abbiamo fatto attività riguardo l’interiorità, per saper meglio “abitare” se stessi. Da gennaio in poi ci siamo concentrati più su ciò che concerne il mondo di oggi: globalizzazione, economia, politica; soprattutto abbiamo ideato un progetto di ricaduta sociale per i nostri territori; alcuni dei miei compagni stanno già realizzando delle iniziative bellissime.
Inoltre abbiamo avuto l’occasione di incontrare diversi personaggi importanti nella politica e nell’economia: Benedetto Della Vedova (l’anno scorso sottosegretario agli affari esteri), Carlos Eugenio de Alba Zepeda (Ambasciatore del Messico in Italia), Chiara Braga (deputata alla Camera) o Massimo Mercati (amministratore delegato dell’Aboca)
”.

-Come ti sei trovata con i tuoi compagni? Sei tutt’ora in contatto con alcuni di loro?
G: “Dire bene è riduttivo. Non sono mancati sicuramente momenti tesi e di conflitto ma facevano parte del percorso, come anche il saperli superare e gestire con rispetto e maturità. Tutta la fatica che abbiamo provato nel formarci come gruppo unito è ripagata dal rapporto che abbiamo oggi: anche se siamo a chilometri e chilometri di distanza continuiamo a sentirci e ogni volta che ci vediamo è come se non fosse passato un giorno da quando ci siamo salutati a giugno del 2022; stiamo insieme (ed è ormai passato quasi un anno da quando abbiamo finito il nostro percorso) con tanta spontaneità e naturalezza. Ma la cosa più bella è sapere che in qualsiasi parte d’Italia mi troverò (e contando anche i ragazzi della World House, che ci hanno fatto un po’ da fratelli maggiori anche in tutto il mondo) avrò sempre qualcuno da salutare e da rivedere”.

-Consiglieresti quest’esperienza?
G: ”Assolutamente si. Soprattutto a chi è interessato agli argomenti di attualità, a chi sente di voler fare qualcosa di concreto per il mondo o che magari ha solo bisogno di nuove esperienze, questo è il percorso giusto“.

Intervista a cura di Chiara Contu


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“Ballo latino-americano: intervista alla campionessa Valeria Pinna”

“Ginnastica artistica, che passione! L’intervista ad Aurora e Roberta Locci”

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