Le Muse erano custodi della cultura e delle arti, perciò danno il nome a questa rubrica, che potrete leggere ogni martedì. All’interno forniremo consigli e approfondimenti attorno a temi di letteratura, cinema e musica.

Come salvare vite con la matematica: la storia di Alan Turing in un film
Quando si pensa alla Seconda Guerra Mondiale di solito ci si immagina soldati in lotta o personaggi politici che si impegnano nel guidare le vicende, eppure non sono gli unici coinvolti negli eventi. Una prova significativa di ciò ci viene data nel film “The Imitation Game”, premio oscar per miglior sceneggiatura non originale e celebrato con numerosi altri riconoscimenti. Il film racconta la vera storia di Alan Turing, un geniale matematico e crittoanalista inglese, che ha dato un mano fondamentale al suo paese nella vittoria della guerra. La trama ruota attorno a tre snodi fondamentali: l’invenzione di Turing, in grado di dare una svolta definitiva alla guerra; la descrizione della sua adolescenza, che mostra come questa abbia avuto un impatto sul suo futuro; il racconto della sua accusa nel 1951.
Turing inizia a lavorare alla sua macchina nel 1936: questa doveva essere universale e in grado di riconoscere le proposizioni matematiche indecidibili. Non è un progetto semplice, ma Turing ci crede e sente come un profondo legame con la sua creatura. Crede nell’intelligenza artificiale più di quanto si possa immaginare per un uomo degli inizi del Novecento, tanto che secondo lui le macchine sono fatte propriamente di pensieri: “È ovvio che le macchine non possono pensare come le persone, una macchina è diversa e pensa in modo diverso. La domanda interessante è: poiché qualcosa pensa diversamente da noi, vuol forse che non sta pensando? Noi ammettiamo che gli esseri umani abbiano divergenze gli uni dagli altri […] Qual è il punto di avere gusti diversi se non mostrare che i cervelli lavorano diversamente, che pensiamo diversamente? E se diciamo questo delle persone, non possiamo dire lo stesso di cervelli fatti di rame e acciaio e cavi?“.
Questa sua fiducia lo porta, in seguito a una collaborazione con il governo inglese, a creare una macchina in grado di decifrare il codice di Enigma, una macchina capace di creare e decrittare messaggi cifrati, che fu utilizzato dalla Germania durante la guerra per inviare messaggi criptati di difficile codifica. L’obiettivo dell’Inghilterra in questo progetto di decodifica era quello di scoprire i messaggi e dunque capire quali sarebbero stati i prossimi attacchi. La scoperta di Alan Turing con la collaborazione di numerosi altri studiosi fu di portata straordinaria: permise agli Alleati di vincere la guerra e secondo le stime la ridusse di oltre due anni, salvando intorno ai 14 milioni di persone. Nel solo 1942 il loro gruppo di lavoro tradusse quasi 39.000 messaggi al mese, per poi arrivare a un messaggio ogni 2 minuti. Lo studio della macchina di Turing è inoltre considerato la base di quello oggi chiamiamo computer.
Le scene della sua scoperta sono intervallate da flashback che descrivono la sua travagliata adolescenza: in particolare giovane si avvicina alla crittografia, appassionandosi, grazie a un suo compagno di scuola con cui ha un rapporto di forte legame. In seguito però alla tragica morte dell’amico la sua passione per la crittografia si affina, poiché gli permette di ricordarlo, tanto che la stessa macchina di decodifica verrà da lui chiamata “Christopher”, come l’amico deceduto. Si parla infine della sua condanna: nel 1951 è accusato di essere omosessuale, all’epoca considerato reato penale. L’anno successivo viene condannato definitivamente e gli viene data la possibilità di scegliere tra due anni di carcere o castrazione chimica, che consiste nell’assunzione di ormoni per 12 mesi. Turing sceglie la seconda, ma gli procura una depressione, che lo porterà a suicidarsi nel 1954. Quest’ultima parte si propone di raccontare allo stesso tempo le dure pene subita dagli omosessuali nel corso del Novecento: solo in Gran Bretagna, tra il 1885 e il 1967, 49.000 di loro sono stati condannati per atti osceni.
A cura di Laura Coghe
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